
Cos’è il diritto all’oblio
La corte di Cassazione ha definito il diritto all’oblio come il “giusto interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore e alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia in passato legittimamente divulgata”.
In poche parole, quindi, si tratta sostanzialmente della facoltà di un singolo individuo, che in passato ha commesso un reato, di chiedere che il fatto non venga divulgato a mezzo stampa e, addirittura, che venga rimosso dal web.
Il diritto all’oblio è stato disciplinato dal GDPR, il General Data Protection Regulation, ossia il regolamento europeo per la protezione dei dati del 25 maggio 2018. Nel testo sono state definite le modalità di attuazione e un regolamento che ne individui espressamente la portata ed i limiti. Il diritto all’oblio, tuttavia, non deve entrare in conflitto con la libertà di informazione e di espressione, ne con l’interesse pubblico.
Diritto all’oblio e dati personali
Il GDPR offre la possibilità a qualsiasi individuo di richiedere la cancellazione dei propri dati personali. Per quanto riguarda i minori, ad esempio, questa facoltà rappresenta un valido strumento per riacquistare la propria identità digitale. I più piccoli, infatti, risultano più esposti ai rischi di internet e meno consapevoli dei pericoli che possono correre. È, inoltre, possibile richiedere l’eliminazione di ogni immagine o copia dei dati personali.
Un esempio particolarmente significativo è quello di chi vuole chiudere definitivamente un account e cancellare la propria presenza da un qualsiasi social. In questo caso il primo passo è presentare una chiara richiesta di eliminazione alla società che possiede il social network.
Oltre al diritto all’oblio il General Data Protection Regulation ha anche inserito una stretta importante sul trattamento dei dati personali. Il soggetto può revocare in ogni momento il proprio consenso, sia completamente sia con specifico riferimento a determinate tipologie di dati raccolti.
Le società, infatti, hanno ora l’obbligo di fornire, dietro un richiesta specifica avanzata dal soggetto, informazioni in merito all’utilizzo dei dati, alle finalità perseguite e riguardo le procedure di raccolta, archiviazione e condivisione dei dati stessi con società terze.
Quali sono le eccezioni del diritto all’oblio
Il diritto all’oblio può essere esercitato in determinati casi e situazioni, ma il GDPR che lo disciplina prevede anche specifiche eccezioni. La prima è determinata dal fatto che la cancellazione viene eseguita nel momento in cui vengono a mancare le finalità di utilizzo che l’utente ha precedentemente autorizzato. In qualsiasi momento, infatti, un soggetto può revocare il consenso all’utilizzo dei propri dati personali per finalità commerciali e di marketing. Come anticipato, tuttavia, questo non deve entrare in contrato con la libertà di informazione e di espressione e, soprattutto, con l’interesse pubblico.
Fanno parte di questa categoria i motivi di sanità pubblica, come, ad esempio, la protezione da eventuali minacce o la garanzia di rispetto dei parametri di qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria e di dispositivi medici e medicinali. Il pubblico interesse, inoltre, può prevalere anche per quanto riguarda le finalità di archiviazione, ricerca storica e scientifica e a fini statistici. Il trattamento dei dati personali, infine, può anche diventare necessario per l’accertamento o l’esercizio di un diritto in sede giudiziaria.